In questo lavoro vengono presentati i risultati di uno studio retrospettivo su una casistica di oltre 400 pazienti sottoposti consecutivamente a cheratoplastica (lamellare e perforante) dal 1999 al 2009 presso il Centro Oculistico San Paolo dell’Ospedale S. Antonio di Padova. L’esperienza riportata dimostra come il regime di Day Hospital risulti meno traumatico per il paziente stesso, di minor impatto economico per il sistema sanitario, senza indurre alcun tipo di complicanza nelle fasi intra e post-operatorie.
La storia degli ultimi 130 anni dell’intervento di sostituzione totale o parziale della cornea è stata segnata da alcune tappe fondamentali, che vanno dal primo trapianto lamellare umano, eseguito con successo da Von Hippel nel 1888 [Von Hippel A: Eine neue Methode der Hornhlauttransplantatioll. Albrecht von Graefes Arch Ophthalinol 34:108-130, 1888], alla fondazione della prima Banca degli Occhi da parte di Paton [Paton RT: Sight restoration through cornieal grafting. Sight Sav Rev 15:3-12, 1945] nel 1944 a New York. Nel corso degli ultimi 10 anni si è, in particolare, assistito ad uno sviluppo significativo nel campo del trapianto di cornea in Italia. Tale chirurgia, da attività sporadica, eseguita in modo pioneristico in alcuni centri, si è trasformata in attività programmata e diffusa su tutto il territorio nazionale. Tale processo è stato reso possibile dal progresso tecnologico (moderni microscopi, trapani, sostanze viscoelastiche, suture, topografi), ma anche dalla crescente disponibilità di tessuti, e quindi dalla significativa riduzione dei tempi d’attesa, prodotta dalla nascita e dalla diffusione di numerose banche degli Occhi in Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
La chirurgia della cornea è radicalmente cambiata negli ultimi anni. La cheratoplastica perforante, ancora ad oggi l’intervento con più ampie indicazioni, ed un tempo il maggiormente utilizzato nei casi che richiedessero sostituzione del tessuto corneale opaco o alterato, viene sempre più spesso sostituita dalla cheratoplastica lamellare manuale o automatizzata. I risultati della cheratoplastica lamellare sono molto buoni, con minor rischio di complicanze, ridotta probabilità di rigetto, e più rapido recupero funzionale.
La tecnica scelta per la cheratoplastica determina, in generale, la scelta del metodo anestesiologico. Molti chirurghi, infatti, preferiscono eseguire la cheratoplastica perforante in anestesia generale sia perché l’anestetico utilizzato per l’anestesia loco regionale può esercitare una pressione sul segmento posteriore (che, in presenza di una vasta apertura corneale, può risultare potenzialmente pericolosa), sia per una maggiore tranquillità psicologica per il chirurgo stesso. Negli anni recenti però la chirurgia oftalmica si è sviluppata con l’impiego quasi esclusivo dell’anestesia loco regionale, eseguita dal chirurgo stesso, sempre comunque con l’assistenza dell’anestesista. Tale tecnica è di solito preferita, sia per la maggiore semplicità di esecuzione, sia per la certezza, da parte del chirurgo, di ottenere il “silenzio oculare”.
La diffusione dell’anestesia loco regionale, che sta trovando negli ultimi anni nei confronti dell’anestesia generale uno spazio sempre più ampio per quanto riguarda la scelta dei pazienti e del tipo di intervento da eseguire, è stata favorita da una maggiore durata d’azione dei nuovi anestetici locali ed una loro ridotta tossicità, associate ad un accorciamento dei tempi operatori. L’anestesia loco regionale ha inoltre permesso un allargamento dell’età operabile; è possibile, infatti, intervenire chirurgicamente su persone di età anche molto avanzata o per le quali l’anestesia generale risulti sconsigliata. L’anestesia loco regionale ha come principale conseguenza la riduzione dei tempi di degenza sia pre sia post-operatori, da cui derivano, oltre alla riduzione dei costi della gestione sanitaria, numerosi vantaggi psicologici per i pazienti. Nei casi in cui l’anestesia loco regionale risulti non indicata la tecnica di anestesia generale che garantisce il più rapido recupero sensorio e motorio, e quindi più adatta al regime di Day surgery, è la cosiddetta “Fast-tracking” [Wilmore DW, Kehlet H , BMJ 2001;322:473-476], che, associata ad una miniinvasività chirurgica, prevede una mobilizzazione precoce del paziente.
Nel presente lavoro riportiamo l’esperienza più che decennale nell’ambito del trapianto di cornea del Centro Oculistico San Paolo dell’Ospedale S. Antonio di Padova. Tale esperienza dimostra come il trapianto di cornea possa essere eseguito con facilità e in sicurezza in pazienti, in regime di Day Hospital (DH), negli ospedali pubblici in Italia. L’attività è iniziata nel 1998 con circa dieci casi per anno, mentre allo stato attuale vengono eseguiti quasi 90 interventi, come illustrato nella figura 1, nella quale gli interventi di cheratoplastica effettuati sono stati distinti a seconda della tecnica utilizzata: lamellare e perforante . La casistica considerata si compone quindi di 413 interventi di cheratoplastica, il 48% dei quali (200) effettuati con tecnica lamellare.
Nell'immagine a destra il numero di interventi di trapianto di cornea, per anno, eseguiti presso il Centro Oculistico S. Paolo dell’Ospedale S. Antonio di Padova.
L’analisi delle fasi post-operatorie degli interventi eseguiti ha dimostrato come solo una frazione prossima al 9% del totale dei pazienti operati (37) abbia richiesto ricovero ospedaliero dopo la procedura. Questi sono casi particolari, che si riferiscono a pazienti con patologie quali la sindrome di Down, o pazienti pediatrici. Non rientrano nei casi, inoltre, i pazienti che siano stati sottoposti simultaneamente a chirurgia vitroretinica che richiede, in fase di recupero, una posizione prona ed un monitoraggio costante.
Nella struttura dell’Ospedale S. Antonio di Padova, l’anestesia locale è diventata una routine nel trapianto di cornea. Solo in casi complessi dal punto di vista generale o sistemico, la tecnica anestesiologica utilizzata è la sedazione cosciente. Anche tale metodo consente, comunque, una breve permanenza in ospedale: il paziente viene operato la mattina e dimesso nel pomeriggio. Possono insorgere potenziali problemi con la chirurgia in DH quando il domicilio dei pazienti è lontano dall’ospedale stesso. Alcuni dei pazienti operati nella nostra struttura vengono, infatti, da regioni lontane dal Veneto, come ad esempio, la Sicilia (distante circa 1200 km). Per questi casi, sono state istituite delle convenzioni con Hotel e strutture alberghiere di diverse categorie nelle vicinanze dell’Ospedale, che offrono prezzi speciali ai pazienti stessi, così come ai loro familiari.
La chirurgia in DH porta diversi vantaggi: per i pazienti è meno traumatica e rende meno pesante l’impatto dell’intervento incidendo in modo molto lieve nella normale vita familiare. Una camera d’albergo, pur non essendo esattamente accogliente come la propria casa, è comunque di solito preferita all’ospedalizzazione in quanto in grado di offrire maggiore comfort e soprattutto maggiore privacy. Tali pazienti non risultano così esposti a infezioni crociate che rappresentano spesso un severo rischio nell’ambiente ospedaliero. E’ inoltre da ricordare come nei pazienti sottoposti a cheratoplastica, uno dei fattori che possono influenzare il buon esito dell’intervento chirurgico nell’immediato/breve post-operatorio sia rappresentato dai movimenti (involontari) del capo e degli occhi nelle fasi di sonno notturne. Poiché su tali movimenti l’ospedalizzazione non ha impatto positivo, appare ragionevole dedurre che, anche da questo punto di vista, l’indicazione per il ricovero venga a mancare. Per quanto riguarda gli aspetti gestionali ed amministrativi, il regime di Day Hospital, come ben noto ad esempio dall’esperienza più che ventennale degli Stati Uniti, nei quali la chirurgia ambulatoriale è molto sviluppata, comporta una significativa riduzione dei costi e quindi un minore impatto economico per il servizio sanitario nazionale. Va inoltre sottolineato come la non necessità, per questi casi, dell’assistenza notturna implichi, come ovvia conseguenza, una maggiore disponibilità dello staff medico verso i casi chirurgici più impegnativi.
Presso l’Ospedale S. Antonio si è osservato come la scelta dell’anestesia loco regionale sia in grado di diminuire sensibilmente i costi della preparazione pre-operatoria, in quanto essa non richiede costosi esami specifici, come ad esempio la radiografia del torace o l’elettrocardiogramma. La fase pre-operatoria consiste, infatti, in una visita oftalmologica completa e l’esecuzione degli esami ematochimici di routine. L’eventuale necessità di ulteriori esami viene valutata dall’anestesista in una visita dedicata sulla base dell’anamnesi del paziente, seguendo la classificazione dell'American Society of Anesthesiologists (ASA) [Guidelines for preanesthesia evaluation. The American Society of Anesthesia (draft)] . L’anestesia loco regionale, adottata presso la nostra struttura, si basa sull’utilizzo di Naropina in quantità utile al riempimento dell’orbita. Tale quantità varia tipicamente nel range compreso tra 3 e 7 ml. L’uso associato di Ialuronidase aumenta la diffusione dell’anestetico, minimizzando, allo stesso tempo, la pressione intravitreale. Il numero di interventi da noi eseguiti con tecniche lamellari ha superato, negli ultimi anni, come si osserva dai dati riportati in figura 1, quello dei casi in cui si è scelta la cheratoplastica perforante. Tra le tecniche lamellari, le più utilizzate sono la Descemet stripping automated endothelial kerathoplasty (DSAEK) e la big bubble (B.B.).
I tessuti oculari necessari vengono forniti dalla Banca degli Occhi del Veneto, con sede a Mestre (Ve), a solo pochi chilometri di distanza da Padova. La fase postoperatoria è basata su uno schema di controlli che prevede visite in prima e terza giornata e a tre settimane dall’intervento. Tale schema si applica, come ovvio, nel caso in cui non si presentino complicazioni. In particolare, ogni cattivo posizionamento o imprevisto spostamento del lembo, così come eventuali lassità o irregolarità delle suture risultano, di norma, verificabili nei primi tre giorni. Tipicamente, una buona compliance da parte del paziente nel postoperatorio comporta che non siano necessarie ulteriori visite di controllo prima di 3 mesi. E’ da sottolineare, a questo riguardo, come, nei casi in esame, non si siano verificate complicazioni direttamente ascrivibili al tipo di anestesia adottato o alla non ospedalizzazione della fase postoperatoria.
Tale tipo di organizzazione risulta quasi unica tra le strutture ospedaliere pubbliche in Italia, e comunque molto rara anche tra le strutture europee. Sula base dei risultati ottenuti, si ritiene, quindi, che una maggiore diffusione del protocollo qui proposto per la gestione dei pazienti sottoposti a cheratoplastica potrebbe portare importanti vantaggi al sistema sanitario nazionale, sia dal punto di vista della capacità di rispondere alla crescente domanda di interventi chirurgici, sia nella riduzione dei costi da parte del sistema stesso, accompagnata dallo snellimento delle procedure. Il maggior e più rilevante vantaggio deriverebbe comunque dalla soddisfazione dei pazienti stessi, ai quali viene offerto un recupero meno traumatico nella fase postoperatoria. La nostra esperienza ci permette quindi di concludere che, una volta introdotta la pratica del Day Hospital, i vantaggi ottenuti rendano il ritorno all’ospedalizzazione impossibile.
[Alessandro Galan, Velika Deligianni, agosto 2010]